VOI
CHE PER LI OCCHI MI PASSASTE ‘L CORE
di Guido Cavalcanti
Voi che per li occhi mi passaste
’l core
e destaste la mente che dormia, guardate a l’angosciosa vita mia, che sospirando la distrugge Amore. E’ vèn tagliando di sì gran valore, che’ deboletti spiriti van via: riman figura sol en segnoria e voce alquanta, che parla dolore. Questa vertù d’amor che m’ha disfatto da’ vostr'occhi gentil’ presta si mosse: un dardo mi gittò dentro dal fianco. Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto che l’anima tremando si riscosse veggendo morto ’l cor nel lato manco.
Composto dalla personalità più
rilevante di quel gruppo di rimatori che la critica, valendosi della nota
formula coniata da Dante nel canto XXIV del Purgatorio, indica come esponenti
dell’esperienza del “ dolce stil novo”, il sonetto Voi
che per li occhi mi passaste ‘ l
core sviluppa, delle due tematiche fondamentali di tale “ scuola ”,
ovvero la lode della donna e l’esame degli effetti dell’amore sull’amante, la
seconda.
Sebbene si tratti di temi desunti
dalla poesia amorosa dei secoli precedenti, il carattere fortemente
innovatore di questa esperienza va, invero, rintracciato nella possibilità di
far scaturire dalla vecchia tradizione una realtà intima e nuova connessa ad
un’idea di gentilezza non più riferita alla nascita o al titolo ereditario,
bensì ad un dato di natura, ad una superiore nobiltà d’animo che può
pienamente essere intesa solo nel quadro delle mutate condizioni storiche e
sociali che caratterizzano gli ultimi decenni del XIII secolo.
La novità e la dolcezza di
cui parla Dante sono dunque da ricondursi alla scoperta di una nuova verità e
autenticità psicologica e sentimentale la prima, alla scelta di uno stile più
limpido e piano la seconda, nel comune allontanamento, da parte dei poeti
stilnovisti, dalle tendenze della lirica toscana, di ascendenza guittoniana,
nonché dalla precedente tradizione siciliana e provenzale. Se Guittone
riprendeva la maniera del trobar clus
provenzale, costoro possono essere accostati alla maniera del trobar leu così come, sul piano
contenutistico, all’omaggio feudale rivolto alla dama, si sostituisce una
visione della donna che viene esaltata come dispensatrice di gentilezza, ma
anche considerata come fonte di turbamento interiore per il soggetto amante
vinto dalla passione d’amore. E proprio quest’ultimo aspetto viene ripreso
nel sonetto in questione in cui emergono sia ascendenze e interessi
filosofici di stampo averroista, sia una più profonda introiezione
sentimentale e un approfondimento della componente psicologica dello
stilnovismo. L’amore è, infatti, concepito come una forza cieca che genera
angoscia e sofferenza nel poeta, il quale si rivela capace di un pathos doloroso ed efficace nel
momento in cui chiama la donna a vedere (v. 3) la distruzione di ogni sua
facoltà vitale determinata dall’ effetto devastante del sentimento amoroso da
lei generato. Il testo, partendo probabilmente da un’esperienza reale da cui
scaturisce un uso metaforico del “ vedere” , si articola in una serie di
microsequenze sapientemente scandite e simmetricamente riprese nelle quartine
e nelle terzine. Il riferimento alla donna che trafigge con il suo sguardo l’amante
al punto di risvegliare l’animo prima tranquillo, l’aggettivazione metaforica
dell’amore allegoricamente rappresentato nell’atto di colpire col ferro della
sua saetta, la sua successiva raffigurazione nelle vesti di un guerriero che
combatte con forza i difensori, ossia gli spiriti vitali del poeta, l’immagine
dell’amante soggiogato il quale, ormai privo delle sue forze, null’altro può
fare che esprimere il proprio dolore, scandiscono il sonetto in quattro
momenti che vengono poi ripresi, con qualche variazione, nella sequenza
narrativa delle terzine. Qui, infatti, l’autore ripropone il motivo della
forza d’amore che, proveniente dagli occhi “ gentili” della donna, lo
distrugge( m’ ha disfatto v.9); poi
quello del ferimento, da parte della virtù d’amore, attraverso una freccia; a
questo segue la rappresentazione dell’anima che, immediatamente colpita,
subisce come una scossa per cui il poeta avverte un tremito dentro di sé;
infine l’anima contempla il cuore ( cioè le forze corporee, gli “ spiriti” ad
esso collegati) morto nel lato sinistro.
E’ evidente come si tratti di un
testo poetico che nasce da premesse culturali filosofiche e raffinate,
nutrite della cultura universitaria bolognese con cui Cavalcanti fu in
strettissimo contatto: il sentimento è, pertanto, descritto in tutta la sua
drammaticità, colto e analizzato nelle sue molteplici componenti e manifestazioni
per cui il poeta passa dall’invito alla donna chiamata a un “ vedere” metaforico(v.3) ad un “vedere”
tutto psicologico della propria interiorità(v.14). Tuttavia, non è l’interiorità
soggettiva ad interessare l’autore, bensì quella oggettiva, cioè l’avvenimento
rappresentato con procedimenti allegorici attraverso una serie di
personificazioni( Amore, l’anima, il cuore, gli “ spiriti”, la figura, la
voce), che agiscono come autentici personaggi sui quali piomba, ad esclusione
della prima, la violenza devastante della “ vertù d’amor”. L’oggettivazione
dei moti interiori, propria della poesia cavalcantiana, scaturisce, quindi,
dalla volontà di rappresentare sentimenti generali pur ambientandoli nello
spazio dell’introspezione psicologica e in un atmosfera rarefatta ed
evanescente.
Se l’assenza di spezzature, di
pause, di inversioni sintattiche, di enjambement contribuisce a rendere tale
atmosfera in sintonia con quello stile “ dolce” e leggiadro che connota la
poesia stilnovistica, da un punto di vista fonico il testo presenta una serie
di assonanze, consonanze e allitterazioni i cui effetti musicali evocano lo
stato d’animo del poeta sofferente e spiritualmente dilaniato. L’aspetto
fonico-timbrico potenzia, in tal senso, il dramma interiore del poeta-amante:
l’assonanza ricorrente sei suoni /o/e/( core-amore-valore-voce-dolore-mosse-riscosse)la
disseminazione iterata del suono /r/ ( sospirando-distrugge-
spiriti-segnoria-dardo-tremando-morto..); le consonanze fra parole di versi
successivi( disTRugge- denTRo- Tratto- Tremando); infine le allitterazioni
che evocano sensazioni e stati d’animo( v.5..ven…valore; v.6 van via; v.7 sol…segnoria;
v.11 dardo…dentro) contribuiscono a sottolineare l’intensità del sentimento
amoroso e la violenza distruttiva nello scontro tra Amore e amante. Anche la
rima, incrociata nelle quartine, instaura parallelismi e analogie semantiche(
core/amore- valore/ dolore-disfatto/tratto ecc). Da un punto di vista
metrico-ritmico il sonetto presenta lo schema più classico ABBA ABBA CDE CDE,
mentre la disposizione degli accenti, la presenza di un numero limitato, ma
significativo, di sinalefi( vv. 1.3.4.12.14) e l’assenza di pause( tranne che
al v.8) conferiscono alla poesia un ritmo lento, continuo e fluido. Per quanto
riguarda il livello stilistico-retorico, l’autore utilizza un lessico
elevato, aulico, desunto dalla tradizione e di ritegno rispetto ad essa;
frequenti sono, inoltre, i latinismi( per li occhi-core- dormìa- dardo-manco
ecc) mentre la struttura sintattica predominante è di tipo coordinativa. Le figure
retoriche rilevabili sono essenzialmente di significato e connesse alla
rappresentazione del sentimento amoroso attraverso il ricorso alla
prosopopea( vv. 4-6-7-8-9-12) nonché all’uso insistente della metafora
presente in ciascuna delle microsequenze narrative che costituiscono il
sonetto. L’immagine del risveglio della “ mente che dormia”, quella dell’Amore
che “ ven tagliando, “ il “ dardo” scagliato nel “fianco” del poeta, l’anima
che, “ veggendo morto ‘l cor”, riceve una scossa, evidenziano, solo per fare
alcuni esempi, i tratti distintivi di un nuovo modo di far poesia, per alcuni
aspetti elitario, ma nel contempo capace di coniugare, come alcuni studiosi
hanno sostenuto, umanesimo e classicismo. Per quanto nella poetica
stilnovistica coesistano ancora alcuni aspetti tradizionali della sensibilità
medievale( si pensi, per esempio, all’annullamento della personalità del
soggetto amante che ricorda gli effetti dell’amore mistico), tuttavia, essa determina
il passaggio dal vecchio al nuovo, soprattutto, in relazione alla nuova
dimensione spirituale e valoriale dell’uomo in quanto tale. Tale umanesimo,
scaturito da una necessità storica connessa alla rivendicazione dei ceti
emergenti nel contesto urbano i quali si contrappongono alla vecchia
aristocrazia, non rinnega le verità religiose, ma rappresenta un tentativo di
esplorazione, affidata all’esperienza e alla ragione, nei confronti di
aspetti umani, terreni e naturalistici. La volontà di introspezione
manifestata, come nel caso del sonetto cavalcantiano, pur portando a
maturazione gli elementi di poetica offerti dalla tradizione, non conduce,
tuttavia, ad un’intima manifestazione della soggettività individuale, cosa
che avverrà nella letteratura romantica, ma sfocia, come si è constatato,
nella rappresentazione oggettivata della vita interiore del poeta-amante.
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davvero accurata. ammirevole..
RispondiEliminaGrazie davvero!
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