“ROSSO MALPELO” DI GIOVANNI VERGA
Testo integrale della novella su:
http://www.mediacinema.org/_Italian_119_iWeb/Italian_119_files/Rosso%20Malpelo.pdf
La novella “Rosso Malpelo”, inserita nella
raccolta intitolata “Vita dei Campi” del 1880, è il ritratto di uno dei tanti
giovanissimi che nel secolo scorso lavoravano nelle miniere di zolfo in
Sicilia, come pure nelle cave di pietra o nei campi. La raccolta pubblicata nel
1880 apre la stagione più matura dello scrittore che, dopo un esordio influenzato
dalla cultura milanese e fiorentina alla ricerca di uno stile proprio e di temi
accattivanti, torna a focalizzare la sua attenzione sulla amata Sicilia, nel
tentativo di descriverne la miseria e il degrado. La novella entra a pieno
titolo nel novero dei racconti che vogliono celebrare un ambiente primitivo e
spontaneo, fortemente impregnato di elementi folkloristici, caratterizzato da
gesti istintivi e violenti (si pensi all'assassinio della Lupa ad opera di
Nanni per liberarsi dalla passione bruciante). Malpelo, sin dall'esordio del
racconto, attraverso un dettaglio fisico, viene caratterizzato per il ruolo
negativo che la società gli ha destinato. La focalizzazione interna multipla,
grazie alla quale Verga svela il punto di vista della comunità e che consente
al lettore di calarsi in una realtà sociale fortemente condizionata dal
pregiudizio, dalla superstizione e dall'ignoranza, è una delle tecniche più
utilizzate dall'autore per perseguire quel canone
dell’impersonalità tanto caro ai veristi. Un atteggiamento da
“scienziato” quello di Verga che, lungi
dal voler proporre soluzioni o dal voler sollevare polemiche, si limita a descrivere
la realtà nuda e cruda senza abbellimenti, senza aggiunte o modifiche. Prevalgono sequenze narrative e descrittive, con alcune sequenze riflessive che portano il lettore a lasciarsi travolgere dal racconto. Mancano le sequenze dialogiche per la scelta di affidare al discorso indiretto libero gli scambi di battute tra i personaggi. La
storia di Malpelo è la storia di un giovane condannato dal colore dei capelli
ad essere considerato malvagio non solo dalla società, ma persino dalla sua
famiglia, senza essersi mai macchiato di alcun crimine o misfatto. E’ una
storia di violenza e di soprusi, la vicenda di un adolescente che, senza il
conforto di un qualsivoglia affetto, vive rassegnato la parte assegnatagli dal
destino, sopportando coraggiosamente le violenze della vita, con l’unica
consolazione di potersi rifare sui più deboli secondo la morale che “ l’asino
va picchiato perché non può picchiare”. Tuttavia l'apparente accanimento nei confronti di Ranocchio, un giovane malaticcio arrivato alla cava, non deve indurre in errore: nel primitivo sistema di valori di Malpelo, le sue percosse devono essere da stimolo per il ragazzo che deve imparare a difendersi, a reagire e non deve subire passivamente gli abusi di chiunque. Del resto il tema della rassegnazione
come unica difesa da opporre ad una sorte che, sebbene crudele, non si può
cambiare è ampiamente trattato da Verga. Non si può modificare il proprio
destino, perché chi osa farlo si vede distrutto, umiliato e degradato: niente e
nessuno ha potere sul fato, anzi più si tenta di cambiarlo e più questo
infierisce con violenza e rabbia. L’atteggiamento di Malpelo, l’ostinazione con
cui resiste ai soprusi, l’ansia di verità e di giustizia che manifesta, sono
gli elementi che caratterizzano i “ perdenti”, quelli che la storia ha
collocato ai margini e che non hanno altra scelta. Non c’è giustizia per il
giovane Malpelo che si perderà nei cunicoli bui della miniera, perché la
giustizia è dei ricchi, non dei poveracci che muoiono per il crollo di una
galleria con l’unica colpa di aver tentato di guadagnare qualche soldo in più.
L’uso di una lingua vicina al parlato dei siciliani umili, l’inserzione di
proverbi ed espressioni dialettali, rinviano a quel desiderio di adesione alla
realtà che condiziona il Verismo. Gli
scrittori veristi, tra i quali spicca la figura di Giovanni Verga, prendono le
mosse dal Naturalismo francese, per distanziarsene immediatamente di fronte ad
una realtà sociale fatta da masse inerti e silenziose, incapaci di reagire e di
comprendere il messaggio sociale a loro destinato. La società che emerge da
questa, come dalle altre novelle di Verga, è immobile e arcaica, ostile ad ogni
idea di progresso, legata alle superstizioni e alle tradizioni del passato. La
miseria, il degrado non creano unione, ma si crea un clima di rancore, invidia
e gratuita cattiveria come nel caso di Arcangelo nella novella Don Licciu Papa che non solo è vittima
della prepotenza di un ricco reverendo, ma anche della cattiveria della
comunità che giustifica le sue disgrazie come meritate, volute da Dio, per
essersi opposto ad un uomo di chiesa. Poco importa chi ha torto e chi ha
ragione, perché ciò che conta è solo il ruolo sociale di ciascuno che determina
vinti e vincitori. L’immobilità sociale è la sola via d’uscita: che ognuno
resti al suo posto, che nessuno osi modificare l’ordine prestabilito delle cose
perché l’unico risultato possibile sarebbe il caos. La Sicilia di Verga, che
nasce a Catania nel 1840, è la stessa terra dilaniata, sfruttata e condannata
all'arretratezza della dominazione borbonica, la stessa che si infiamma
all’arrivo di Garibaldi e dei Mille, ma senza che tutti gli strati della
società comprendano il valore di un’operazione politica ambiziosa ed
importante. In fondo per la povera gente è solo un cambio di consegna: dai
Borbone al nuovo re, ma nulla cambierà nelle dinamiche sociali, i poveri
saranno poveri, le donne resteranno intrappolate in un ruolo sociale marginale
per essere considerate “ onorate”, la giustizia continuerà ad essere privilegio
dei ricchi, il desiderio di possedere la
roba renderà ancora più sole e ciniche le persone, rassegnazione sarà ancora la parola chiave dei miserabili che per
trascinarsi in un’esistenza inutile e priva di ogni gioia, devono subire e
sperare solamente che i ricchi abbiano pietà di loro. La visione della vita di
Verga parte dalla considerazione che quanto affermato dallo scienziato Charles
Darwin riguardo alle teorie sviluppate circa l’evoluzione degli esseri viventi,
sia assolutamente applicabile anche alle dinamiche sociali: la vita è dominata
dalla “ legge del più forte” che in un primo momento Verga individua in coloro
che hanno la ricchezza e sembrano onnipotenti rispetto ad un sistema che non si
oppone loro, ma che successivamente va ad investire tutti gli esseri viventi.
La società che Verga descrive è corrotta, basata sull'individualismo, priva di
solidarietà sociale, quasi che le sofferenze di alcuni facciano godere tutti
gli altri, sottomessa al dio denaro, incapace di costruire relazioni affettive
vere e autentiche. E’ una società che non conosce la pietà, la compassione e
che infierisce sui più deboli, perché si sta meglio se si vedono gli altri
soffrire, quasi un modo per sentirsi superiori e più fortunati. Una società
drammaticamente attuale quella descritta da Verga, nella quale si ritrovano
molte delle piaghe della moderna civiltà, sono passati i decenni, ma quel meccanismo
che contrappone i più forti a coloro più indifesi presiede i rapporti sociali
ancora oggi: un mondo fatto per i furbi, per coloro che non si fanno scrupoli,
che non sentono il dolore degli altri, che tirano dritto per la propria strada
non curandosi di chi giace schiacciato da un peso sociale e personale che non
riesce a sopportare. La novella in oggetto ci fa riflettere anche
sull’ importanza del pregiudizio, spesso senza alcun fondamento, che condiziona
i rapporti tra gli esseri umani: Malpelo è vinto dal pregiudizio, tanto da
accettare la parte assegnatagli dal destino e da realizzare le aspettative
della comunità, comportandosi in modo cinico e spavaldo, nascondendo il suo
dolore e la sua solitudine. Malpelo è vittima di quella “ profezia” che si
avvera per coloro che, senza alcuna colpa, si ritrovano etichettati o
intrappolati in ruoli da cui non solo non riescono a liberarsi, ma in cui si
calano quasi fosse giusto così, convincendosi che certi giudizi , forse, sono
davvero fondati. La letteratura, come sempre, è una splendido strumento affatto
anacronistico, ma di una modernità straordinaria che coglie le dinamiche
sociali, affettive e di relazione , analizzandole nella certezza che solo
attraverso la conoscenza e la riflessione l’uomo può essere migliore.
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