La mia riflessione nasce
dall'urgenza di ridefinire e rinfrescare a certi colleghi quali sono i compiti
precipui della scuola e quale è la grande responsabilità che ci assumiamo ogni
volta che entriamo in classe. Una parola importante e un diktat per la scuola è
orientamento, che sintetizza, a mio
avviso, tutto ciò che il lavoro di un insegnante deve mirare a raggiungere al
di là delle singole discipline. Il termine “orientamento” deriva dal latino oriens, orientis, participio presente
del verbo oriri (“nascere”), che
grazie al suffisso, esprime una decisa valenza strumentale: l’orientamento,
dunque, è lo strumento per la nascita, aggiungerei, di sé. Tra gli
obiettivi dell’orientamento scolastico va infatti riconosciuto, oltre alla
volontà di agevolare i processi di scelta dell’alunno, il dovere di affiancarlo
nella costruzione di un’immagine positiva di sé e nei primi passi di apertura
verso il futuro. In una società in cui le parole d’ordine sono innovazione,
flessibilità, adattabilità e riconversione, la scuola deve porsi come punto di
riferimento stabile e costante, nonché assumersi la responsabilità di
trasferire agli alunni progettualità ed autonomia decisionale come veri e
propri stili di vita. Il compito orientativo della scuola si deve esplicare
attraverso interventi, diversi per la loro specificità, che postulino un
disegno unitario fondato sul criterio di continuità. L’orientamento deve esser
un processo in fieri, caratterizzato
da azioni coordinate e continuative che inizino dalla prima infanzia,
individuino bisogni e aspettative ed indirizzino i processi verso una migliore
qualità della vita, nella prospettiva finale di una crescita individuale ma
anche, di riflesso, collettiva. Soltanto un processo orientativo così delineato
potrà assicurare il diritto allo studio, cioè l’opportunità per ciascuno di
raggiungere la propria maturazione, e sarà dunque allo stesso tempo un
risolutivo strumento d’intervento contro la dispersione scolastica. Occorre,
insomma, che la scuola continui a fornire i contenuti, essenziali per dare qualità
e spessore agli studenti, ma nello stesso tempo tenga conto delle singole
individualità. Ciascun docente ha il sacrosanto dovere di privilegiare la
diversità e di mirare a rendere l’alunno consapevole dei suoi mezzi e
promuovere la persona, privilegiando un insegnamento “strategico” e
individualizzato nel rispetto della diversità del singolo. Il nostro obiettivo
come insegnanti deve essere quello condurre gli alunni ad acquisire conoscenze
concrete e spendibili ai fini di una scelta più consapevole e meno episodica ed
emozionale. Perché insisto su questo tema? Perché “ fare orientamento” ci
costringe a partire direttamente dal vissuto dei nostri studenti, a conoscere le loro capacità, ad aiutarli ad
avere stima di sé, a percorrere con loro una strada che li renda consapevoli
delle proprie potenzialità, dei propri limiti, a guidarli a vivere la diversità
come un valore che arricchisce gli strumenti di cui dispone un docente e avvia
nuove e più efficaci strategie didattiche. In una scuola che sta cambiando, che
punta ad una scolarizzazione di massa nell'apparente tentativo di elevare il
livello culturale dei nostri giovani, non è più possibile insegnare guardando a
standard predefiniti e impersonali, ma è diventato prioritario studiare
strategie mirate, nel tentativo di stimolare e sfruttare le qualità, le
attitudini e le disposizioni degli alunni.
Non è più pensabile il docente che
entra, si siede, spiega la sua lezione e assegna i voti non ponendosi il
problema delle difficoltà degli alunni o, semplicemente, dei diversi tempi di
apprendimento. Attenzione, però, a non lasciarci indurre in errore: la scuola
non può e non deve essere privata dei contenuti che restano fondamentali per
conservare e mantenere vivo tutto il nostro vastissimo patrimonio culturale del
quale i giovani devono avere coscienza e consapevolezza, ma non può non
adeguarsi ad una società che cambia e che le affida compiti sempre più
disattesi dalle famiglie. Che ci piaccia
o no il ruolo dell’insegnate richiede un apertura al “counseling” e alla
consapevolezza che per aiutare i nostri studenti non dobbiamo fornire loro
soluzioni pronte e preconfezionate, ma aiutarli a comprendere la situazione in
cui si trovano, a riconoscere le difficoltà e a gestire strategie di azione per
superare gli ostacoli. Orientare, per me, significa insegnare ai giovani a
vivere mettendosi continuamente in discussione, riconoscere punti di forza e di
debolezza, sfruttando i primi e lavorando sui secondi per raggiungere una buona
qualità di vita. Tutto il mio discorso ( alcuni storceranno il naso!) non punta
a fare della scuola una succursale di Caritas o un centro di ascolto, ma ha
come obiettivo la riflessione che il nostro lavoro non si può limitare alla
trasmissione di contenuti senza passione e senza coinvolgere e lasciarsi
coinvolgere dai ragazzi. Quella con i ragazzi è una relazione che, talvolta,
dura anni e che implica un coinvolgimento emotivo e umano forte e difficile.
Storicamente all'insegnante è sempre stato affidato il compito di educare,
rendere consapevoli, trasmettere valori e contenuti e fornire esempi di vita ai
giovani che gli vengono affidati: oggi più che mai davanti ad una società che
non è attenta ai giovani, alle loro richieste, alle loro fragilità la scuola
deve, nei limiti degli strumenti di cui dispone ma forte delle competenze e delle
risorse umane e professionali dei docenti, diventare un punto di forza della
nostra società e un riferimento sicuro per gli studenti. Credo che sia questa
l’unica strada che abbiamo come docenti per riprenderci il posto che ci spetta
e che meritiamo nella società: essere professionali, tenere il passo con una
società che cambia e non avere paura di lasciarci coinvolgere dai ragazzi, non
mordono, studiano poco ma sanno essere riconoscenti e dare affetto in modo
inatteso…è la parte più bella di questo lavoro!!
Nessun commento:
Posta un commento