venerdì 5 luglio 2013

ESSERE INSEGNANTI OGGI

La mia riflessione nasce dall'urgenza di ridefinire e rinfrescare a certi colleghi quali sono i compiti precipui della scuola e quale è la grande responsabilità che ci assumiamo ogni volta che entriamo in classe. Una parola importante e un diktat per la scuola è orientamento, che sintetizza, a mio avviso, tutto ciò che il lavoro di un insegnante deve mirare a raggiungere al di là delle singole discipline. Il termine “orientamento” deriva dal latino oriens, orientis, participio presente del verbo oriri (“nascere”), che grazie al suffisso, esprime una decisa valenza strumentale: l’orientamento, dunque, è lo strumento per la nascita, aggiungerei, di sé. Tra gli obiettivi dell’orientamento scolastico va infatti riconosciuto, oltre alla volontà di agevolare i processi di scelta dell’alunno, il dovere di affiancarlo nella costruzione di un’immagine positiva di sé e nei primi passi di apertura verso il futuro. In una società in cui le parole d’ordine sono innovazione, flessibilità, adattabilità e riconversione, la scuola deve porsi come punto di riferimento stabile e costante, nonché assumersi la responsabilità di trasferire agli alunni progettualità ed autonomia decisionale come veri e propri stili di vita. Il compito orientativo della scuola si deve esplicare attraverso interventi, diversi per la loro specificità, che postulino un disegno unitario fondato sul criterio di continuità. L’orientamento deve esser un processo in fieri, caratterizzato da azioni coordinate e continuative che inizino dalla prima infanzia, individuino bisogni e aspettative ed indirizzino i processi verso una migliore qualità della vita, nella prospettiva finale di una crescita individuale ma anche, di riflesso, collettiva. Soltanto un processo orientativo così delineato potrà assicurare il diritto allo studio, cioè l’opportunità per ciascuno di raggiungere la propria maturazione, e sarà dunque allo stesso tempo un risolutivo strumento d’intervento contro la dispersione scolastica. Occorre, insomma, che la scuola continui a fornire i contenuti, essenziali per dare qualità e spessore agli studenti, ma nello stesso tempo tenga conto delle singole individualità. Ciascun docente ha il sacrosanto dovere di privilegiare la diversità e di mirare a rendere l’alunno consapevole dei suoi mezzi e promuovere la persona, privilegiando un insegnamento “strategico” e individualizzato nel rispetto della diversità del singolo. Il nostro obiettivo come insegnanti deve essere quello condurre gli alunni ad acquisire conoscenze concrete e spendibili ai fini di una scelta più consapevole e meno episodica ed emozionale. Perché insisto su questo tema? Perché “ fare orientamento” ci costringe a partire direttamente dal vissuto dei nostri studenti,  a conoscere le loro capacità, ad aiutarli ad avere stima di sé, a percorrere con loro una strada che li renda consapevoli delle proprie potenzialità, dei propri limiti, a guidarli a vivere la diversità come un valore che arricchisce gli strumenti di cui dispone un docente e avvia nuove e più efficaci strategie didattiche. In una scuola che sta cambiando, che punta ad una scolarizzazione di massa nell'apparente tentativo di elevare il livello culturale dei nostri giovani, non è più possibile insegnare guardando a standard predefiniti e impersonali, ma è diventato prioritario studiare strategie mirate, nel tentativo di stimolare e sfruttare le qualità, le attitudini e le disposizioni degli alunni. 

Non è più pensabile il docente che entra, si siede, spiega la sua lezione e assegna i voti non ponendosi il problema delle difficoltà degli alunni o, semplicemente, dei diversi tempi di apprendimento. Attenzione, però, a non lasciarci indurre in errore: la scuola non può e non deve essere privata dei contenuti che restano fondamentali per conservare e mantenere vivo tutto il nostro vastissimo patrimonio culturale del quale i giovani devono avere coscienza e consapevolezza, ma non può non adeguarsi ad una società che cambia e che le affida compiti sempre più disattesi dalle famiglie.  Che ci piaccia o no il ruolo dell’insegnate richiede un apertura al “counseling” e alla consapevolezza che per aiutare i nostri studenti non dobbiamo fornire loro soluzioni pronte e preconfezionate, ma aiutarli a comprendere la situazione in cui si trovano, a riconoscere le difficoltà e a gestire strategie di azione per superare gli ostacoli. Orientare, per me, significa insegnare ai giovani a vivere mettendosi continuamente in discussione, riconoscere punti di forza e di debolezza, sfruttando i primi e lavorando sui secondi per raggiungere una buona qualità di vita. Tutto il mio discorso ( alcuni storceranno il naso!) non punta a fare della scuola una succursale di Caritas o un centro di ascolto, ma ha come obiettivo la riflessione che il nostro lavoro non si può limitare alla trasmissione di contenuti senza passione e senza coinvolgere e lasciarsi coinvolgere dai ragazzi. Quella con i ragazzi è una relazione che, talvolta, dura anni e che implica un coinvolgimento emotivo e umano forte e difficile. Storicamente all'insegnante è sempre stato affidato il compito di educare, rendere consapevoli, trasmettere valori e contenuti e fornire esempi di vita ai giovani che gli vengono affidati: oggi più che mai davanti ad una società che non è attenta ai giovani, alle loro richieste, alle loro fragilità la scuola deve, nei limiti degli strumenti di cui dispone ma forte delle competenze e delle risorse umane e professionali dei docenti, diventare un punto di forza della nostra società e un riferimento sicuro per gli studenti. Credo che sia questa l’unica strada che abbiamo come docenti per riprenderci il posto che ci spetta e che meritiamo nella società: essere professionali, tenere il passo con una società che cambia e non avere paura di lasciarci coinvolgere dai ragazzi, non mordono, studiano poco ma sanno essere riconoscenti e dare affetto in modo inatteso…è la parte più bella di questo lavoro!!

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