E mentre si discute sul comportamento incommentabile tenuto da alcuni studenti durante la proiezione del film "Andrea oltre i pantaloni rosa" non posso non fare alcune considerazioni.....sugli adulti. Leggo di genitori che si oppongono alla visione del film per i contenuti non adatti ad adolescenti e giovani. Mi chiedo: avete mai guardato le chat dei vostri figli? Avete mai avuto modo di controllare quali contenuti si scambiano? Temo di no. Ed è proprio questo il punto. Pretendiamo di educare i giovani al rispetto, ma noi adulti abbiamo perso il senso della misura da un pezzo! Abbiamo, ormai da tempo, confuso la libertà di pensiero e di parola con l'attacco pretestuoso e gratuito, spesso livido e irriguardoso, verso chi pensa in modo diverso da noi. Ci sono solo alcune idee giuste: le nostre! Abbiamo noi per primi perso il senso del dialogo e del rispetto del nostro interlocutore. Sappiamo urlare, aggredire verbalmente con tanto di turpiloquio chi non è d'accordo, chi si discosta dai nostri modelli o dalla nostra ideologia. Abbiamo perso il rispetto dei ruoli in nome di una falsa uguaglianza, dimenticando che ciascuno deve fare la sua parte e che è facile dare la croce a chi ha compiti diversi, talvolta superiori, ai nostri. Nascondiamo dietro l'ideologia la nostra meschinità e la nostra frustrazione per non aver raggiunto obiettivi professionali o semplicemente perché insoddisfatti della nostra vita. Come possiamo, mi chiedo, educare i nostri ragazzi? Come possiamo parlare di bullismo quando spesso, troppo spesso, tutti contro uno è un modus operandi proprio degli adulti? Come possiamo superare gli stereotipi di genere se per primi li abbiamo interiorizzati e ne siamo soggiogati? Siamo i primi a deresponsabilizzarci se i nostri figli non sono adeguati...colpa della società, della scuola, delle cattive amicizie, ma mai la nostra. Mi pare che per giustificare la nostra assenza cerchiamo di apparire buoni genitori e di proteggerli oltre ogni ragionevole difesa. Ormai impera la tuttologia che vanta un numero esorbitante di laureati. Tutti medici, tutti sociologi, tutti professori, tutti dirigenti, tutti psicologi e tutti opinionisti. Tutti pronti a dare consigli, non richiesti, a chi deve fare. Perché sono sempre gli altri che devono fare e non fanno. Abbiamo svuotato la conoscenza di significato in nome di una finta ideologica uguaglianza.La rete non è il vangelo. La rete non genera sapere, ma solo mostri pieni di arroganza e supponenza. La rete che intrappola, che distrugge le vite di giovani corrosi dalla cattiveria, dall'anaffettività di chi, dietro uno schermo, protetto dall'anonimato, distrugge le anime fragili o, come spesso si dice, "troppo sensibili". Come se la sensibilità fosse una terribile condizione esistenziale da "guarire". Forse dovremmo ripartire da noi per salvare i nostri giovani dal cinismo, dalla totale perdita di consapevolezza dell'altro oltre il sè. Forse dovremmo riacquistare il perduto senso di civiltà e di rispetto. Forse non sono i giovani il problema. Forse è arrivato il momento di ripristinare l'educazione, il garbo, la gentilezza. Forse dobbiamo smettere di urlare sempre convinti di essere nel giusto e ricominciare ad ascoltare senza giudicare. Spero che questa sfida ci trovi pronti e determinati, voglio illudermi che è ancora possibile una società veramente civile.